Il ritorno di Pasquino: Lezione 5 = L’Italia Vietata dall’assenza di un popolo

Pasquino cede la parola (anzi la tastiera) a:
Ettore Rota

 L’ITALIA VIETATA DALL’ASSENZA DI UN POPOLO

Psicologia della storia italiana: Stati indipendenti nello Stato nazionale

Apriamo una partentesi per figgere un pò l’occhio nel futuro. Noi assistiamo sin da questo momento ad una curiosa antitesi: mentre l’attività pubblica del popolo italiano tende a concentrarsi in Roma e a contrapporre il principio nuovo della mutua cooperazione alla sua mal tollerata egemonia, ogni gruppo si tiene fedele ai propri focolari di origine, ognuno dei quali si sente capace di una propria autonomia, anzi di un proprio diritto metropolitano. Perchè? L’opulenza delle energie di cui tutte le città dispongono, dà ragione di questa generale contrarietà a lasciarsi assorbire totalmente da una volontà unica, centralizzata. E Roma rispetta questa tendenza fondamentale dell’idea italiana, della maggiore autonomia locale in convivenza armonica coi poteri centrali, lasciando sussistere la libertà dei Municipi e rimanendo essa medesima, per tutto il periodo repubblicano, non altro che un Comune. Così gli alleati non ebbero con Roma alcun legame amministrativo. Continuarono a reggersi con proprie leggi e istituzioni, liberi di accettare o respingere quelle offerte dai Romani: erano Stati indipendenti pu sotto la supremazia di Roma, che si esprimeva nei rapporti internazionali, nelle dichiarazioni di guerra, nella distribuzione dei contingenti militari. Solo Augusto innalzerà Roma a capitale dell’Impero creando il vero Stato unitario romano. Ma lo stesso Impero, per oltre un secolo, rispettera ancora l’autonomia locale: gli Antonini invieranno commissari imperiali in singoli municipi o in gruppi di essi, a vigilare sull’amministrazione municipale, ma per arrestare lo sviluppo di cattive tendenze, sperpero delle pubbliche entrate e criteri goverantivi. Ma Roma stessa rappresenterà per poco tempo la capitale d’Italia: i vari Cesari non incontreranno alcuna difficoltà nel loro intento di trasferire altrove la capitale, da Roma a Milano, da Milano a Ravenna: e Roma tornerà ad essere un Comune, privato della sua sovranità mondiale. L’italia rimarrà storia di città, ognuna capitale di se stessa perchè dotate di energie si complesse ed esuberanti, industriali, commerciali, artistiche, da covare dentro di sè infinite possibilità di sviluppi storici.

Quando l’Italia sarà spezzata in vari frammenti politici, ognuno di essi tenderà a costituirsi un proprio centro di preminenza, focolare di velleità egemoniche future. L’ideale unitario avrà in ognuno di essi altrettante forze di resistenza: le forze bieche del privilegio regionale.

da "Problemi del Risorgimento
Genesi storica dell’Idea Italiana"
di Ettore Rota, 1948, Ed. Vallardi, Milano

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