Signora Clelia

L’ultima volta che vidi un alimentari si era da poco diffusa la moda del super-mercato.
Accompagnavo mia mamma a fare spesa dall’alimentari vicino casa. Era una piccola stanza che profumava di tutto e di chiuso.

C’era la Signora Clelia, armeggiava con carta e penna. Lo scontrino era un foglio a quadretti con i prezzi scritti a mano e la riga per le somme.
Su, ora che vai a scuola. Quando deve pagare mamma? Controlla il conto“.
Poi la cassa faceva “Din”, e se tutto andava per il verso giusto tornavo a casa con un lecca lecca. Quelli che fischiavano e si poteva modificare il suono muovendo il bastoncino.

Non riuscivo mai a suonare la melodia che era scritta sulla cartina. Finivo per riempirmi le mani di quell’impiastro appiccicoso di condensa, che colava dal fischietto.
Ma mi impegnavo, sedendomi sul muretto, davanti l’alimentari della Signora Clelia.

I bambini più grandicelli del quartiere andavano a comprare il salame da soli: 8 fette..no, un foglio. Non sapevamo ancora la differenza tra grammi ed etti. Sapevamo i numeri come le dita.
Quanto ne vuoi?” Chiedeva la Signora Clelia sorridendo tra quei boccoli rossi.
Tanti così” rispondevamo mostrando le mani con le dita alzate.

Per chi faceva la spesa ed i conti giusti c’era il premio delle duecento lire. La Signora Clelia faceva suonare la cassa e prendeva duecento lire. Le metteva nella scatola delle palline con la sorpresa e girava la maniglia fino a far cadere una palla di plastica trasparente grande quanto il nostro pugno.

Ho trovato tre dentiere di vampiro, aprendo la scatola che avevo sepolto in giardino. Odoravano di tutto….e di chiuso.

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