Una voce che mancava

Sono tornata tra i banchi di scuola, ma questa volta non erano quei banchi verdi bordati di nero, con quel buco nell’angolo a destra, ove amavo spingere la gomma per diletto, e raccoglierla poi con la mano nascosta nel ripiano dei libri. Non erano neppure i lunghi banchi di metallo che mi attendevano all’università, era un banco con tasti bianchi e neri.

Era il mio primo esame, oggi. Il primo esame da studentessa di trenta anni che non ha voluto rinunciare ai suoi sogni; avevo paura, come una scolara alla prima interrogazione. Avevo paura che qualcuno dicesse che questa vita non era per me…

Ho desiderato questa possibilità con tutta l’anima, ho voluto riprendere questa strada con tutta la forza, ma ad un passo dalla porta ho tremato: e se tutto fosse stato una mia illusione?
Avrei rinunciato a tutto per un sogno etereo cui non ero destinata, avrei nuovamente scontrato la cruda realtà che ridendo frammenta i miei sogni stringendoli tra le mani e bruciandoli con i raggi del giorno?

Ho tremato, quell’istante, poi ho sentito chiamare il mio nome e sono entrata. Una strana tranquillità mi accompagnava e mi mostrava sorrisi sui volti di chi valutava. C’ero e non ero di troppo in quella stanza dove altre volte mi ero inserita strappando brandelli di sogno per vivere di quelli anche solo un istante.

Mi sono seduta sullo stesso pianoforte su cui avevo pianto anni addietro, ferita dalla certezza che non avrei mai percorso quella strada che tanto sognavo, ma mi attendeva una vita già pronta e calcolata. Mi sono seduta ed ho respirato la certezza del vivere quell’istante reale e non fantasia.

E quando tutto è finito, stringendo tra le mani la certezza che forse non tutto è illusione, ho cercato un telefono. Ma in quell’istante ho avvertito l’amarezza del dolore. A chi comunicare la mia felicità come un tempo?
Ho sognato per un istante di sentire ancora la tua voce, ho sognato di giocare per farti indovinare il voto e ridere con te, che mi dicevi "brava".

Ho posato il telefono che trillava la tua assenza, ed ho capito che non è nel dolore ma è nei momenti più felici che manchi, papà.

Pubblica un Commento