Sono partita con l’idea di volerti bene

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Chiudo a chiave la porta dello studio. Un gesto automatico di ogni settimana.
L’inverno si fa vedere, scurendo il blu delle porte con il nero della notte a tarda sera. Sono poco più delle sei e mezza e tu mi attendi, con le mani rugose tra le mani, seduta vicino al caminetto acceso.

Scendo le scale un pò in corsa e mi chiudo nella mia piccola auto, compagna di disavventure. Quell’auto che sfrontatamente cammina per la sua strada, pur se addobbata in modo eccentrico. Si incammina per la strada di campagna, con le stelline verdi accese e la befana che oscilla sotto lo specchietto retrovisore.

Arrivo, nel tuo cortile fatto di notte e fango, mi raggiunge il profumo del legno che brucia, una vicina mi osserva nascosta tra le tende della finestra.
Mi apri, sorridente. Due occhi birichini si affacciano tra le rughe della fronte, un solo dente fa capolino sul tuo sorriso. Mi attendevi, preoccupata, perchè si faceva tardi.

Trovo apparecchiato per me, un piattino natalizio ed una tazzina di caffè. Mi si affaccia scherzosa alla mente la consapevolezza che sono venuta per fare il dottore, ma non il medico, il dottore dei sorrisi.
La dottoressina dei sorrisi, proprio come mi hai chiamato tu, osservandomi con il tuo sguardo birichino. Tu, che mi hai cercato perchè la vita si era fatta triste.

Tu, che cercavi la ricetta della felicità perchè la vita non aveva più attrattive; tu che volevi una medicina che donasse la voglia di vivere.
Tu, che avevi un vuoto nel cuore, ti curi di me viziandomi come una bambina, facendomi trovare un dolce nuovo ad ogni mio arrivo.

Non sapevo chi avrei incontrato al mio arrivo, ma ero partita da casa con l’idea di volerti bene.

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