Disavventure di una donna miope – Cap. 1: Senza occhiali

Arriva sempre, nella vita degli abili portatori di occhiali, quel momento in cui la realtà ti mostra, crudelmente, il livello di dipendenza da questi strumenti. Ti rendi conto solo in quell’istante, di quanto siano attrezzo salva vita e parte integrante del tuo DNA, quasi una mutazione genetica intra-generazionale.

Ma ti attende, ne esiste una per ogni bipede quattrocchi, e la incontrerai: la persona che, a tradimento, ti toglierà gli occhiali.

Per me comparve attorno ai 30 anni sotto forma di gentil signora, tranquilla e accudente. Ero in uno di quei momenti in cui desideri emozioni nuove, nuovi interessi, quando cerchi nuove strade… e proprio così accadde: lungo una strada.

Per un particolare gioco del destino stavo realizzando uno dei miei sogni: partecipare ad un corteggio storico come parte di un gruppo, impersonando una figura mai esistita di cui portavo la veste. Nella mia fantasia mi ero immaginata “poesia”: una vita da immaginare nella durata del percorso, sognarne le gesta vivendole nel silenzio di una figura che cammina senza nome, ma cui prestavo lo sguardo distaccato e fiero.

Poesia, fantasia, sogno… poi la cruda realtà: una mano che ti sfila gli occhiali accompagnata da una voce che sentenzia “Nel medioevo non esistevano queste cose”.
La signora ha perfettamente ragione, ma c’è un piccolo problema: senza occhiali quel mondo che mi ero immaginata di vivere diventava, improvvisamente, una nebbia colorata, sicuramente poetica nella rappresentazione, ma poco pratica nel suo realizzarsi.

Non lo avevo previsto, non potevo più uscirne fuori: o rinuncio o mi butto pregando ad ogni passo di non finire rovinosamente a terra, trasformando la magia di quella rappresentazione in un carosello degno delle migliori comiche.

Spiegato il problema alla signora che dirigeva la situazione, e che ai miei miopi occhi era divenuta una macchia gialla e verdolina, conveniamo che sarei stata posizionata dietro ad un ragazzo che vestiva colori accesi: alternanza di strisce verticali color giallo e blu.
Pareva tutto risolto, ma la necessaria distanza di due metri trasformava le strisce in nebbiolina sottile e verticale…

Ma la magia di una rappresentazione storica non può fermarsi su questi dettagli, così – nel mezzo di una caleidoscopica nebbia – partiamo. Sollievo è scoprire di essere supportata anche da una compagna di gruppo che, per evitare mie rovinose cadute mi avvisa dei possibili ostacoli: “pietra”, “pietra”, “scalino”, “merda!”.
“Che succede?” chiedo preoccupata pensando ad una esclamazione di disappunto… per poi scoprire -tardi- che era un avvertimento degli effetti poco poetici dei fieri cavalli che ci precedevano.

Sosta. Sospiro, siamo quasi arrivati – penso – chissà come era il paese, non vi ero mai stata e non potrò dire di averlo visto. Doveva essere molto antico, immagino, il grigiore che ci avvolgeva forse erano antiche mura. Di quale periodo? E quante persone ci saranno state? Non lo so… ero troppo intenta a seguire quelle vaghe strisce verticali gialle…blu…
il giallo era il colore che più riuscivo a distinguere e mentre aspettavo che il corteggio riprendesse pensavo a quanto fosse alta quella persona che avevo davanti. Chissà se chi ci osservava si sarebbe accorto di quanto dilatate erano le mie pupille, di quanto non stessi vedendo nulla. Fissavo innanzi al mio naso, nella speranza che, nella statura di chi avevo innanzi, non sembrasse che gli stessi osservando il didietro.

A volte i momenti sembrano infiniti…
A volte lo sono…
come quella sosta, che sembrava non terminare mai, fino a quando la fida voce da dietro “vaiiiiiii”.
“Ma se la striscia gialla è ferma?” rispondo con disappunto.
“O Grulla, quello gli è il palo del semaforo!”

2 Comments
  1. Marino Filippo Arrigoni Rispondi

    Un racconto veramente simpatico, ammantato di una forte dose di autoironia che allieta il lettore comune, ma consolando gli animi più sensibili che talune situazioni le conoscono benissimo.

  2. Diana Rispondi

    Anche questo mi è piaciuto…..nell’ironia sei forte

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