Gli esami non finiscono mai!

La porta dell’ascensore si apre cigolando. Il tempo si fa sentire anche per lei. L’anta sinistra oscilla nell’arretrare, siamo arrivati. Un orologio con il logo di un’industria farmaceutica ci avvisa che sono le 7,45 del mattino.

Nonostante l’ora la sala d’attesa è già quasi tutta occupata. Mi appresto a prendere un numero, come se fossi in attesa di essere servita alla gastronomia. Ma non è al supermercato che mi sto trovando. No, sono al centro analisi.
Innanzi se ne stanno silenziosamente assonnati alcuni anziani che gesticolano con i loro bastoni tra le mani e giovani donne in compagnia di vite che ancora devono conoscere il tepore del sole.

Si incontrano generazioni e l’ansiosa preoccupazione delle future mamme trova lieve sollievo nei sorrisi di quelle signore più attempate, i cui candidi boccoli paiono scolpiti tanto è il fissante dato per tenere ferma la pettinatura.

Mi siedo in un angolo. Innanzi a me un signore dalle mani grandi e callose stropiccia un cappellino di lana. Lo osservo meglio e sorrido, lui risponde mostrando qualche finestra che si affaccia su labbra screpolate che si appoggiano su un volto bruciato dal freddo e dal vento.
Le scarpe sono macchiate di calce, come i pantaloni, su cui  è caduta anche della vernice.

Spiegazza tra le mani le sue richieste mediche, rigirandole, come a cercare di leggere qualcosa, poi lascia cadere le mani sulle gambe, come rassegnato.
"Quanti esami che devo fare! E sono anni che non studio nulla…
Signorina, che dice… mi passeranno?"

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