Pagliaccio

Ho pensato a quanto trucco è sul mio viso,
e quanto peso è, intanto, dentro il cuore,
mentre ti accolgo con un docile sorriso
quanto, ferocemente, in me l’anima già muore
in un turbine di dubbi e di pensieri,
avviluppata dagli artigli di Ragione
che i propositi d’oblio, ch’erano ieri,
vinta dal dolor, pur già ripone.

Ho pensato a quanto estesa è questa parte
ch’io recito da giorni e giorni ancora
tanto da non saper già più se arte
o completa finzione in me dimora.
Vesto la giubba qual operistico pagliaccio
e rido forte, infarinando il viso,
fingo uno sguardo di superficiale ghiaccio
mentre di sangue queste mie mani ho intriso.

Si chiuda il mio sipario, tutto è finito,
che si estingua ogni più futile bugia,
te ne andrai forse ridente e divertito
di uno spettacolo d’infima categoria.

Io morrò, allora, qual fiore ormai reciso,
cadendo tra memorie ed illusioni,
e mai saprai che in realtà la vita ho ucciso
bruciando l’anima d’inutili passioni.

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