“Buongiorno Signora, l’

Buongiorno Signora,
L’è da sola?…

Tutti i clienti si volgono verso la porta meravigliati: chi mai è quel mostro che si presenta da solo in trattoria?

"Si…" la voce si affaccia alle labbra un pò titubante.
"Allora prego, La si accomodi là a qqui ‘ttavolo".
Il cameriere indica un tavolino nell’angolo, è per due.
Mentre mi accingo a sedermi mi accorgo di essere l’unica ad avere una tovaglia. E’ gialla brillante con fiori grandi colore rosso e azzurro. Di nuovo il cameriere si avvicina, porta una tovaglietta rettangolare di carta gialla e posate, avvolte in un tovagliolo.
"Cosa gradirebbe, Signora?"
Di nuovo i clienti si volgono. "Non sono Signora" vorrei sussurrare, ma preferisco tacere e contrattare per un poco di pasta, un pò d’acqua e un caffè.
Scrive premuroso sul taccuino a quadri, poi si allontana. Riflette la luce sul suo capo coperto da incerta capigliatura.
Nell’attesa osservo la sala, si nascondono gli occhi che spiavano la novità sola, seduta al tavolo per due, con la tovaglia a fiori; odo un bisbiglio: E’ da sola.

Alla parete color paglia, sono appesi specchi di un tempo: pubblicità di biscotti, quei volti di cento anni fa con i capelli scuri racchiusi in crocchia. Mi soprendo a riflettere la mia immagine in uno di questi strani specchi e scopro che è poco diversa: stessi capelli, stesso volto silenzioso. Ma non ho scatole in mano, nè sorriso.
Di fronte, schizzi a carboncino di una Firenze dimenticata, fatta di tram e carrozze. A fianco una botte con la riserva di cantina. L’aria profuma di cucina e di vita.

Arriva il solitario pasto e in più tempi torna ossequioso il cameriere ad accertarsi che tutto possa essere di mio gradimento.
Strana è questa atmosfera d’incerto e cordiale. Comprendo che è uno studiarsi a vicenda fingendo un sorriso, poi sguardi curiosi e bisbigli a volto chinato.
Fingo di non notare, concentrandomi sulla forma a conchiglia della pasta che si piega e sembra non voglia permettere al dente della forchetta di penetrare nel suo spessore.

Finisco e sorrido, ancora, poi il rumore di cassa, la mano che fruga, il contatto con spiccioli freddi e minuti. Comprende, quell’uomo, che tornerò ancora:
"Allora arrivedella, Signora".

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